“Era d’inverno di sera a Sabbionara con la nebbia che bagnava il cappotto e l’aria che tagliava le guance. Portavo mio figlio a provare la pallacanestro, entrambi dubbiosi e con poche speranze. Da lontano abbiamo visto l’ombra di un uomo stagliarsi nella grigia foschia della piazza. Fermo, mani in tasca, berretto sugli occhi, giacca chiusa fin sotto al mento, l’allenatore aspettava i suoi ragazzi battendo i piedi sull’asfalto freddo. Mio figlio lo ha guardato e ha capito. Anch’io ho capito e l’ho lasciato andare a rincorrere una palla che pareva volare.”
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