Quando ci si chiede di commentare una partita come quella di domenica 18 aprile, è sempre facile cadere nella retorica o in affermazioni banali e scontate.
Si potrebbe tranquillamente svolgere il film della partita, dove due ottime squadre hanno dato sfoggio seppur a tratti, complice la duplice tensione – del miglior basket che in regione, a questo livello giovanile, si possa vedere. Probabilmente racconterei dell’ottima prestazione di Thomas Tinsley, autore di una prova superba per la parte rivana, assieme alla sua lunga e competitiva panchina che in ogni momento della partita ha saputo colpire il canestro casalingo e rinvigorire il quintetto in campo. Dall’altra parte la menzione sarebbe tutta per il collettivo aviense, che con fasi altalenanti ha inseguito il risultato rendendolo in qualche modo incerto fin quasi alla fine, con i ragazzi gialloblu scesi in campo sempre attenti in difesa, con qualche errore di troppo al tiro certo, ma con delle giocate che hanno infiammato gli spalti gremiti.
Riavvolgo invece il film dell’incontro. Lo mando indietro alla partita di andata, poi fino ad inizio stagione, e ancora indietro fino a quasi 3 anni or sono, quando ci si giocava per la prima volta il titolo contro la stessa squadra virtussina. In quel tempo le facce in campo erano quasi le stesse ma la pallacanestro masticata, come le ambizioni, erano totalmente diverse. Vivevamo quella partita di finale con un senso di riverenza verso il blasone avversario, in parte già felici per il solo motivo di essere li, e magari nella testa già sconfitti. Del resto i risultati in stagione regolare don davano adito ad illusioni. Quei pesanti passivi (-60 o -70) certo non potevano far sperare in qualcosa di più di una buona partita.
L’anno dopo si è entrati in palestra ad inizio stagione con la forte voglia di migliorare se stessi, al di la della crescita degli avversari. E siamo tornati in campo contro quella squadra rivana ancora più agguerrita e migliorata. Il passivo è sceso all’andata, e al ritorno, se non con l’idea di vincere, si è andati in campo con l’idea di sfiorare il loro livello, di toccare con mano la speranza di competere fino ai minuti finali. E siamo stati contenti di ciò che era stato raggiunto, quasi fosse il massimo ottenibile, sapendo da dove si era partiti.
Arriviamo a quest’anno. Domenica pomeriggio, verso le 16.30, un ora prima del fischio d’inizio, quando ho portato i ragazzi fuori dalla palestra e abbiamo volto lo sguardo verso la pista di atletica, facevo capire loro quanto sudore, fatica e lotte sono state fatte da settembre, quando erano li fuori senza palla a migliorare gli aspetti atletici. Il mio pensiero era però indietreggiato agli anni precedenti. Se prima ambivamo solo a raggiungere il livello avversario, ora eravamo pronti non solo per avvicinarci, ma con la consapevolezza di poter provare a battere l’avversario tanto temuto. Andando in campo a muovere i primi palleggi e tiri abbiamo combattuto alla pari, mai battuti veramente se non al fischio finale. Al di la della meritatissima e netta vittoria che è andata alla Virtus, sono stato orgoglioso dei nostri 12 atleti che hanno offerto la migliore prova finale, l’ultima partita casalinga in cui dimostrare che tanto è stato fatto in tre anni, con le mani, con le gambe, con la testa ma soprattutto con il cuore.
E la stessa passione scaturita in campo si è diffusa sulle tribune, tra i dirigenti, tra la mitica tifoseria aviense e anche quella avversaria, facendo levare un applauso all’unisono verso questo sport che risponde al nome pallacanestro.
Ancora una volta, grazie ragazzi.
A rigor di cronaca, per gli amanti di numeri e cifre, aggiungo in calce parziali e tabellini:
Apecheronza Avio vs. Virtus Riva del Garda 75-98 (24-32 / 14-22 / 15-20 / 22-24)
Apecheronza Avio: Caproni 16, Dalbosco 10, Bojovic 28, Proch 4, Guarnieri 3, Cipriani 2, Kaldor 10, Simonetti, Libera, Tinelli 2, Internò n.e., De Rossi n.e., Malvari n.e.